Consumatore vs Acquirente

Guardo l’orto e vedo una locusta. È sempre la stessa – o forse la prole della prima che ho avvistato nel mio orto tanti anni fa, non so. Adesso sta mangiando le foglie del fico. Ne ha consumata una. Tutta intera.

Mi vien da pensare a come abbia fatto a mangiarla tutta, lei che tutto sommato è così piccina. Eppure la foglie non c’è più. Poi ci sono altre creature nell’orto, che non vedo, ma ne vedo gli effetti. Le foglie del cavolo completamente consumate! E certo non mi dimentico delle lumache, che dove passano consumano tutto ciò che io con amore avevo piantato. Da queste visioni, quando mi sento inglobato in quella massa più o meno amorfa che i media chiamano “consumatori”… vi devo dire la verità, sento un brivido freddo corrermi su ogni membra del mio corpo. Dunque io sono un consumatore?! Come la locusta che lascio nel mio orto consumare la foglia di fico? E quindi io sono circondato da persone simili a me che anche loro consumano tutto il possibile, come tante locuste in forma umana? Forse sì o forse no. Sta a noi decidere.

Preferisco essere un acquirente piuttosto di un consumatore. E non credo assolutamente che queste due parole siano sinonimi. Il fuoco consuma, la malattia consuma. Cioè prende una cosa – un oggetto o anche un sentimento¡ – e lo annienta, lo annulla. Lo fa sparire, ed ha bisogno subito di un’altra cosa, per consumare anche questa.

L’acquirente acquista compera, prende il possesso di una cosa, e c’è da pensare che magari ne abbia cura, addirittura che alla cosa trasferisca un po’ di amore.

Purtroppo la nostra società sembra aver assoluto bisogno di consumatori… per non consumarsi. Eh sì, la “società dei consumi” si chiama. Dove è possible lo “spreco vistoso” (Thorstein Veblen). Sono questi dei pensieri troppo trasgressivi? Sono forse dei pensieri audaci e un po’ folli? Non lo so, e nn voglio nemmeno saperlo, giudicate voi. Ma non credo che tutte le persone della società occidentali siano consumatori, almeno non tanto quanto i media vogliano farci credere, ed essere.

Sono – e siamo – acquirenti, e quando acquistiamo un bene (un bene, che bella parola) dobbiamo essere consapevoli di quello che diventerà un nostro possesso materiale (o immateriale). Un bene, che bella parola, vero? Chi lo produce quel bene? Quante persone lo realizzano materialmente? Quali materiali sono stati utilizzati per realizzarlo? Che fine farà quel bene, una volta esaurita la sua funzione?

Poi ci sono beni e beni. Forse molte di questi bene sono delle semplici “cagate” – e scusate il termine, ma si adatta benissimo per oggetti che passano in breve tempo dalle nostre mani alla spazzatura.

E infine, per concludere – ché nell’orto ci son tante cose belle da vedere, che tanto vale scacciare questi pensieri negativi – per concludere dicevo la parola “consumare” ha una serie di connotazioni negative che equivalgono ad una mancata consapevolezza degli oggetti consumati, una implicita reiterazione dell’atto di consumare anche senza una precisa e razionale causa. Ti comperi delle cose così, tanto per comperarle.

Un pasto lo consumate o lo gustate, ad esempio?

Il linguaggio struttura la realtà, diceva Noam Chomsky. Quindi non fatevi più chiamare consumatori, ma acquirenti. Vedrete che ne avrete tutto da guadagnare…

Ben, dai. Ho già scritto troppo – e forse vi ho anche annoiato, o irritato. 

Lasciatemi finire con queste due definizioni, dal vocabolario della lingua italiana Treccani.

consumatóre agg. e s. m. (f. -trice) [der. di consumare1]. – 1. agg. Che consuma: il fuoco c.; brama consumatrice più d’ogni ardore (Segneri). 2. s. m. a. Chi consuma, o anche, più genericam., chi acquista, beni economici, qualunque carattere abbia il consumo o l’acquisto (di godimento, produttivo, o distruttivo); chi compra al minuto: vendita diretta dal produttore al c.; tutelare gli interessi dei c. dalle frodi in commercio. b. Cliente di un ristorante, di un bar, ecc., in quanto vi prende delle consumazioni.

acquirènte s. m. e f. [dal lat. acquirens -entis, part. pres. di acquirĕre «acquistare»]. – Chi acquista, spec. mediante compera: le spese di trasporto sono a carico dell’a.; è una merce che non trova acquirenti; in funzione di agg.: la ditta acquirente.

Pubblicità

E basta! (sfogo lirico)

E questa volta non ne posso più. Basta. Cito testualmente:

Gli hobby farmer rappresentano un mercato potenziale apparentemente ampio e da scoprire, affamato di offerte e di informazioni.

Ma basta con questo marketing d’assalto! Io non rappresento un mercato potenziale, è già tanto se riesco a rappresentare me stesso. Non sono affamato né di offerte né di informazioni, ne ho così tante a mia disposizione che se non sto attento rischio di fare indigestione. Sulla cassetta della posta ho scritto “No pubblicità” e le offerte che mi mettevano dentro gratis, ogni giorno, sei giorni su sette, adesso – con il cartellino che ho fatto a mano – sono diminuite dell’80% – capita che qualcuno non vede il cartellino, o non lo sa leggere o apposta per ché c’è scritto che non voglio pubblicità allora me la mette nella cassetta delle lettere.

Io per il mio orto uso sì attrezzi nuovi, ma anche vanghe e rastrelli che saranno del 1952! Io capisco che le aziende devono vendere, che se non ci sono incentivi statali i trattori rimangono là in esposizione (Cfr. Vita in Campagna di Gennaio), ma io non sono un mercato potenziale. Basta con queste stupidaggini! Chi si fa un orto, forse se lo fa anche per risparmiare.
RI-SPAR-MIA-RE. Questa parola ora poco di moda. Se ho bisogno di una cosa e la posso acquistare, allora l’acquisto. Ma se non ne ho davvero bisogno, perché devo consumare?
Ecco, finisco qui. Q.B. Quanto Basta. Piccolo sfogo. Fine.
Ah, un momento, vi metto la foto del mio cartellino, è il mio filtro anti-spam – e il mio vicino mi ha chiesto come lo avevo fatto e se lo è fatto anche lui. Bello, no? Buon contagio, lasciatemelo dire.
A presto,
Davide