L’orto di fine anno

Una giornata di cielo azzurro e di sole, le temperature sui nove gradi di giorno, e qualche grado sotto lo zero di notte. Un inverno non freddo, per adesso.

L’orto è in riposo vegetativo, e anch’io un po’ lo sono – ve ne sarete accorti dalla frequenza dei post su questo blog.

Ma poi, con questo sole, come non si può non dare un’occhiata all’orto? Pochissime colture, orto mezzo abbandonato. Lasciamo che dorma ancora un po’, poi a gennaio e febbraio cominceremo a prepararlo per la primavera.

Così guardo la lenta crescita dei broccoli e del porro gigante. I broccoli sì, stanno crescendo, e tra poco li porterò sulla tavola. Anche i porri. Non sono poi così grandi ma si gusteranno lo stesso. Invece ho ancora un cavolo cappuccio da tagliare. È maturo e pronto per essere portato in cucina.

L’inverno non è una stagione estremamente entusiasmante per l’orticoltore. Prova ne è che parlo di me stesso in terza persona. Meglio darsi alla lettura, o alle passeggiate fuori porta. L’orto lo lascio riposare…

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Il prima e il dopo

La Natura è tutto un divenire, e non esiste un prima e dopo, ma un semplice e continuo passaggio da stato ad una altro stato. Però, devo confessarvi, quando vedo il mio cavolo prima… e dopo… tutte le mie belle elucubrazioni simil-filosofiche scendono dalla loro altezza noumenica e precipitano nella realtà più pragmatica e cruda. Del resto una filosofia che non si abbassi alla solidità della vita non è una filosofia efficace.

È proprio il caso di dirlo: lumache del cavolo!

Me ne hanno mangiato metà. E colpa mia che non sono intervenuto prima. Però a vederlo così… un po’ mi dispiace. L’ho sradicato subito. Tolte un po’ di foglie intorno, lavato, portato in cucina, tagliata la prima parte, quella mangiucchiata dalle lumache… e mi è rimasto un mezzo cavolo.

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Il cavolo prima…che arrivassero le lumache e le chiocciole.

 

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Il cavolo… dopo. Come potete vedere lumache e chiocciole hanno fatto un’ottima cena!

La pioggia… e poi il sole

Sabato a Vicenza ha piovuto e si sono abbassate le temperature. Domenica mattina sono sceso nell’orto con una maglia a maniche lunghe. Giorni prima scendevo in canottiera. Guardando l’orto ho avuto il pensiero la sensazione che l’estate fosse finita.

I pomodoro ridotti ormai al minimo sindacale, il cielo grigio. Ma poi è ritornato il sole, e anche se le temperature si sono sensibilmente abbassate… siamo ancora in estate. Eppure a riguardare i pomodori datterino so che la stagione è quasi finita.

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Non è un peccato, è un ciclo. Uguale al precendente, ma diverso. Funziona proprio così. Il mio cervello vorrebbe che tutto o quasi fosse uguale. Avrebbe meno pensieri, ma invece non è così. Il clima cambia, le temperature sembrano aumentare. Che sia anche colpa dell’essere umano è indubbio, ma che non si voglia prendere troppo in considerazione questo fenomeno è un’offesa al buon senso. Siamo figli di un sistema di valori che non accetta curve in caduta. Anche se le vede si ostina a pensare che il progresso sia sempre in salita, che le azioni salgano, che i guadagni debbano per forza aumentare. Ma non è così nella realtà. Anche questa è un’ideologia. Come lo sono stati il comunismo, il fascismo e tanti altri -ismi. Il mio cervello vorrebbe che tutto o quasi fosse uguale. Che l’ideologia non fosse un’opinione, ma una religione. In questo modo il mio cervello avrebbe meno pensieri.

Ma forse è meglio che la smetta di pensare.

P.S. = sì, è un post del cavolo.

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Giustizia ai cavoli

Tra gli ortaggi meno fortunati dell’orto il cavolo la fa da padrona. Da sempre.
Chi mai avrebbe potuto, nel Rinascimento, aver voluto come stemma araldico un cavolo?
Nessuno, ovvio. E allora lasciatemi fare un po’ di lodi a questo sfortunato ortaggio.
Il cavolo è ricco di sali minerali, potassio, zolfo, calcio, fosforo e magnesio. Si adatta a tutti i tipi di terreno e non ama la stagione calda. Da qui il proverbio:

Chi pon il cavolo in aprile
tutto il mondo se ne ride

Il cavolo ben si adatta e matura in climi rigidi. E in inverno, per le famiglie povere, è stato un alimento importante – quando non c’era altro, o poco, da mangiare.

La parola “cavolo” deriva dal latino tardo caulum, che deriva dal greco kaulos (gambo, stelo): in senso figurato significa “nulla, cosa da niente” (es. non ti do un cavolo).
E come mai tante espressioni come “testa di cavolo”, “non capisci un cavolo”, “cavoli miei!”?
Non certo per le caratteristiche della pianta, elogiate da Plinio e Columella. Quanto, forse, per un eufemismo: si usa la parola cavolo piuttosto che ca…
So che avete capito.

Veniamo ora alla mitologia. Un giorno Licurgo distrusse le vigne della sua terra. Dioniso lo scoprì e si arrabbiò così tanto da legare il povero Licurgo ad una pietra. Egli pianse, e dalle sue lacrime nacquero i cavoli, che da quel giorno furono antagonisti della vite. Come ci dice il Mattioli (I discorsi della materia medicinale, Venezia 1557):

Dissero Teofrasto, Varrone e Plinio che tanto odio è tra il cavolo e le viti che essendo piantato il cavolo appresso a un piede di vigna si discosta la vite meravigliosamente da quello.

Per i romani, ghiotti di cavoli, l’ortaggio era fonte di un ricco commersio e il cavolo era simbolo di prosperità e profitto.
Qualcuno tra i miei lettori è toscano e conosce il detto “portar cavoli a Legnaia” per significare un’azione improduttiva e inutile? Per chi non fosse toscano, sappia che a Legnaia si coltivavano e crescevano degli ottimi cavoli, che venivano poi venduti nei paesi limitrofi e a Firenze.

Infine un problem solving:
un contadino deve traghettare oltre un fiume un lupo, una capra e un cavolo. Sa che non può lasciarli da soli, perché il lupo vorrebbe mangiare la capra, e la capra vorrebbe mangiare il cavolo. Come farà il contadino a portarli di là dal fiume? E cioè a salvare capra e cavoli?

Alla prossima… e buona domenica.

A proposito di cavoli

“I cavoli tutti, siano essi bianchi, neri, gialli o verdi, sono figliuoli o figliastri di Eolo, dio dei venti, e però coloro che il vento non possono sopportare rammentino che per essi queste piante sono vere crocifere (in corsivo nel testo), così chiamate perché i loro fiori portano quattro petali in forma di croce.” (ARTUSI, L’arte di mangiar bene, Giunti, Firenze 1991, pag. 289).

È sempre bello leggere/rileggere l’Artusi. 😉

I lavori nell’orto di Dicembre / December: work in the garden

Cosa c’è da fare nell’orto a Dicembre?
Oltre a tagliare rami, piantare e trapiantare qualche albero, potare meli e peri, se proprio volete… cominciate a preparare il terreno per le colture primaverili… se proprio volete fare qualcosa c’è sempre qualcosa da fare. Altrimenti mettetevi le mani in tasca e guardate la terra bagnata dalle piogge. Oppure leggetevi un libro.
Io guardo i miei diversi tipi di cavolo crescere, con molta calma. Tra una pioggia e l’altra.

What is there to do in the garden in December?
Besides cutting the branches, some tree planting and transplanting, pruning apple and pear trees, if you really want to start preparing the ground for spring crops … if you really want to do something there is always something to do! Otherwise, please hand in your pocket and look at the earth washed by rain. Or read a book.
I look at my cabbages that grow very calmly. In between rain and the next.