Le mele brutte

No, queste mele non possono essere vendute al supermercato! Non vedete come sono brutte? Qualcuna, un pò qui un po là, è anche bacata!

Pure bacata?

Certo, non vede!

E allora cosa ci faccio con queste piccole e brutte mele?

Me le mangio. Perché non sempre l’apparenza equivale alla sostanza. Anzi, nelle fiabe si sceglie molto spesso l’oggetto più brutto, meno appariscente, che viene preferito a quello bello e vistoso. E non solo nelle fiabe. Bassanio si è preso la bella Porzia scegliendo lo scrigno giusto, quello di piombo, che ha preferito a quello d’argento e a quello d’oro – cfr. Shakespeare, Il mercante di Venezia.

Ma non scomodiamo troppo le fiabe… né tantomeno Shakespeare – e assolutamente non accenniamo a Freud. Perché io di mele brutte voglio parlarvi in questo post. E solo di queste.

Ebbene, forse esse sono tanto brutte quanto gustose.

Un sapore ritrovato al primo morso. Ricordi d’infanzia, forse. Un gusto unico che non trovo al supermercato. Una mela piccina ma gustosissima. Ecco, questo sì.

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Guardatela al confronto della sua rivale, quella che viene disposta con cura e intelligenza nelle cassette della frutta dei vari supermercati e si prende tutte le occhiate di stupore del pubblico. Quella mela diva che appare anche alla TV. Nulla voglio togliere alla mela grande, bella e perfetta, che non sembra neanche vera, o meglio non sembra tanto un oggetto, quanto l’idea di mela. Un puro noumeno. La perfezione scesa in Terra. Oggi ti lascio lì, cara mela diva, e mi concentro sulle tue sorelle bruttine – le piccole Cenerentole, e scusatemi se ritorno alle fiabe…

Ebbene, queste mele bruttine ma buonissime sono di qualità autoctona. E non han neanche bisogno di tanti fitofarmaci per crescere sane, perché si son fatte gli anticorpi da sole, in secoli di crescita nelle campagne di Vicenza. Un pò come succedeva una volta con i bambini. Lascia che si sporchino, che si fanno gli anticorpi. Altri tempi, forse, ma soprattutto… non voglio tediarvi troppo!

Il messaggio lo avete certo recepito. Non solo la bellezza, ma a volte anche la bontà la si trova nelle cose più semplici, quelle che han poca apparenza, quelle che magari ci passiamo davanti ogni giorno, ma non ce ne accorgiamo.

Mi fermo qui. E mi gusto l’ultima mela brutta che mi è rimasta.

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La raccolta delle melagrane

L’albero è stracolmo. Piccole, grandi, appese a sottili rami, appoggiate tra di loro, alcune già cadute a terra, con le formiche che ci sguazzano dentro.

È proprio l’ora di raccoglierle e di gustarne, per il mio palato, il sugo, e per la mia vista, quegli infiniti chicchi rossi come rubini.

Un’operazione delicata quella della raccolta delle melagrane sul mio albero – ma non solo sul mio. Spine affilate si conficcano qua e là sulla mia pelle. Non che sia troppo distratto, ma succede sempre… ma questo non mi duole. Perché penso già a quando aprirò i meravigliosi frutti del melograno – quei semini che per essere precisi si chiamano arilli -, quando riempirò la mia mano dei tanti piccoli frutti rossi e in un boccone in bocca. Oppure quando prenderò lo schiacciapatate e con forza schiaccerò tutti gli arilli per farne uscire un delizioso succo rosso.

Frutto consigliato per contrastare i malanni di stagione. Oltre alla fibra (4%), ai sali minerali (ferro, potassio, fosforo, magnesio…), alle vitamine (gruppi A, B, C, E, K), ai modaioli principi attivi antiossidanti… le melagrane sono per me anche poesia.  

E cosa c’entra la poesia con il naturale fabbisogno di mangiare?

Visto che siamo animali simbolici… c’entra moltissimo, a volte più del cibo stesso…

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[…]

Ed eccoci alla preparazione del succo di melagrana.

Questo è il mio metodo. Prendetevi un grembiule da cucina, perché il succo di melagrana è difficile da togliere. Prendete poi uno scolapasta in ferro. Aprite le melagrane e togliete con pazienza gli arilli. Potete farlo ascoltando la radio, così è più piacevole, se volete.

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Poi prendete una caraffa e uno schiacciapatate. Lo schiacciapatate deve andare dentro la caraffa, così non fate troppi schizzi, perché il succo di melagrana è difficile da togliere.

Riempite lo schiacciapatate, schiacciate gli arilli, una volta schiacciati li buttate nell’umido, e continuate così…

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La zucca e l’autunno

Oggi ho raccolto la zucca dal mio orto.

E questo è normale.

Ma domenica c’erano anche 20° C. E questo, scusatemi, non è il massimo della normalità. Ma non voglio tediarvi con argomenti troppo seriosi, e preferisco raccontarvi delle doti della zucca e della sua bontà in cucina.

Di tradizione povera e contadina, la zucca ha tuttavia riscontrato con il passare del tempo sempre più ammiratori, tanto che sarebbe anche il momento che qualcuno fondasse il Partito della Zucca, visti i tempi.

Detto questo continuo con il mio racconto.

Ecco, la zucca è pronta quando il suo picciolo comincia a seccarsi. come si vede dalla foto qui sotto.

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Quindi ha preso le mie forbici da giardinaggio e zac-zac ho tagliato il gambo e estirpata la radice. Era l’unica e l’ultima zucca dell’orto.

Passiamo adesso altre operazioni. Per prima cosa bisogna pulirla dalla terra, lavarla ed asciugarla e portarla in cucina. Qui si prende coltello ben affilato e grande perché la zucca è dura da tagliare. La taglio a metà e poi divido le due metà in altre due metà così da fare quattro parti quattro.

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Cosa ci possiamo fare con la zucca? Tante cose. Io vado sul classico, un buon risotto, con riso Carnaroli, che per me è il più buono.

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Tra le quattro parti della zucca tagliata, ne scelgo una che andrà a cuocere insieme al riso. Quindi tolgo la buccia, sempre con un buon coltello affilato.

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Adesso pulisco la zucca e tolgo tutti i semi. Che faccio li butto? No, almeno non tutti. Un po’ ne tengo. Li lavo e li faccio asciugare. Quando saranno ben asciutti li posso mettere in un sacchettino di carta, dentro ad una scatola di fiammiferi, e conservarli per la prossima primavera, quando li pianterò.

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Passiamo ora alla preparazione vera e propria della zucca.

Prepariamo su un bel pentolone un soffritto con cipolla. Taglio la zucca in tanti quadratini. La zucca dell’orto ha un bell’aspetto. Che sia anche buona e saportita? Spero di sì. Il colore è un gradevolissimo arancione. Riempio un piatto.

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Metto i pezzi di zucca nel soffritto e mescolo. Poi aggiungerò un po’ di brodo vegetale e – naturalmente – il riso Carnaroli.

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Quindici minuti e dovrebbe essere cotto. Ecco il piatto: risotto alla zucca. Veloce, semplice, ma soprattutto piacevole. Ottimo gusto.

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Variante: taglio un altro quartino delle zucca in 4/5 strisce e metto in forno per un 15/20 minuti. Ottima anche questa. Provare per credere.

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E i due quartini che rimangono? Non è che si può mangiare zucca per una settimana. Quindi taglio anche questo in quadratini, prendo dei sacchetti di plastica specifici per prodotti alimentari, metto dentro i quadratini di zucca e metto tutto in congelatore. Un risotto a settimana ci sta. Magari di domenica, quando ci sono tutti i negozi aperti, ed io provo invano a girare in centro per cercarne uno di chiuso… 

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Buon appetito a tutti. E mi raccomando, visti i tempi, se nasce il Partito della Zucca, votatelo, non si sa mai che ci possa essere zucca gratis per tutti! 😉

Il prima e il dopo

La Natura è tutto un divenire, e non esiste un prima e dopo, ma un semplice e continuo passaggio da stato ad una altro stato. Però, devo confessarvi, quando vedo il mio cavolo prima… e dopo… tutte le mie belle elucubrazioni simil-filosofiche scendono dalla loro altezza noumenica e precipitano nella realtà più pragmatica e cruda. Del resto una filosofia che non si abbassi alla solidità della vita non è una filosofia efficace.

È proprio il caso di dirlo: lumache del cavolo!

Me ne hanno mangiato metà. E colpa mia che non sono intervenuto prima. Però a vederlo così… un po’ mi dispiace. L’ho sradicato subito. Tolte un po’ di foglie intorno, lavato, portato in cucina, tagliata la prima parte, quella mangiucchiata dalle lumache… e mi è rimasto un mezzo cavolo.

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Il cavolo prima…che arrivassero le lumache e le chiocciole.

 

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Il cavolo… dopo. Come potete vedere lumache e chiocciole hanno fatto un’ottima cena!

Desideri d’autunno

Sono lì, sull’albero pieno di spine.

Rossi tra le foglie che ingialliscono. I melograni quest’anno non sono tantissimi. Ma mi basta guardarli per immaginarmi il giorno – ormai vicino  – in cui andrò a prenderli dall’albero, ad aprirli, a mangiare tutti quei chicchi rossi.

Ho un debole per le melagrane…

E questo post – frutto incluso – ci sta bene nel primo giorno d’autunno.

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Il primo melograno

Dopo un giorno di burrasca mi diletto a vedere la situazione del mio melograno. Vari fiori caduti, immobili sull’erba. Sono previste piogge nei prossimi giorni, e guardo il cielo quasi a supplicarlo di essere gentile con le piante. Per carità, niente grandine!

Poi riguardo la pianta del melograno e scorgo, tra le folte foglie vedi, un piccolo melograno. Eccolo il primo, evviva. Ci faccio una foto, come sempre, e già mi pregusto i frutti, la buccia che si squarta, i chicchi rossi belli maturi.

Ma è presto per questi pensieri. Lascio che la Natura faccia il suo corso, e intanto guardo con soddisfazione il primo melograno. E guardando meglio l’albero trovo un altro piccolo melograno, e un altro ancora, e infine un quarto. Poi smetto di guardare e mi dirigo nelle alte stanze, tra le mie sudate carte…

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I primi pomodoro

Eccoli, finalmente. La piantina è ancora piccola, ma regge bene il peso di questi due pomodoro ancora verdi.

E voi come state con i pomodoro? Sono così facili da coltivare che l’unica cosa da fare è… raccoglierli. Ma se volete qualcosa in più: togliete i germogli ascellari – vedi qualche post precedente. Ne guadagnerete in frutti più belli e saporiti.

Pomodori verdi

I primi lamponi rossi

Eccoli! Uno l’ho già assaggiato, Non è ancora molto dolce, causa probabilmente del maltempo che ha imperversato per diversi giorni qui a Vicenza – quel maltempo che aspettavo ad aprile… non a maggio!

Comunque l’orto comincia a mostrarmi i futuri frutti, e di questo sono contento. Il lampone è facile da coltivare, non ha bisogno di cure particolari, tranne una potatura quando si avvicina la stagione fredda, e un sufficiente spazio per crescere. Io ho spazio ridotto e quindi mangio lamponi porzione singola.

Ancora buona primavera!

Ribes rosso

Melagrane

Adesso sono tutte mature. Fine ottobre ed inizio novembre sono il periodo in cui questi bellissimi frutti arrivano alla loro piena maturazione. Alcune erano già aperte, sull’albero, con tutti i frutti rossi che risplendevano come rubini.
Ne ho raccolte una decina, grandi e piccole, ma buonissime anche quest’ultime.

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Una volta sgranati dal frutto, metto i chicchi in una ciotola di vetro che riempio d’acqua. Galleggiano le impurità – pezzi di buccia e formiche. Queste impurità le tolgo con un passino o a mano. Poi tolgo l’acqua… e sono pronte per essere mangiate – o spremute per preparare un ottimo succo!

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L’ultimo melone

Questa è una storia che risale a qualche settimana fa, ma ve la racconto lo stesso, anche se siamo a metà ottobre.
Mai mi sarei potuto immaginare di mangiare un melone colto nell’orto ai primi di Ottobre. Fossi nel Salento, o in Sicilia, forse sì… ma qui nel nord-est!

Eppure qualche giorno fa ho preso il melone gelosamente custodito nella lavanda, poi fatto sedere su uno sgabellino di legno, l’ho portato in cucina e… zac! Tagliato e mangiato.

Non si dovrebbe mangiare la zucca in ottobre?
Come mutano le abitudini. Ma la cosa che non mi fa poi tanto sorridere è che muta il tempo, e anche se in questi giorni le temperature si sono abbassate… io ho effettivamente mangiato un melone ai primi di Ottobre. Ed era anche profumato e saporito…

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Pere sotto grappa

Oppure, se volete, grappa alla pera.
L’immagine parla da sola… ma oggi sono un chiacchierone.
Prendete una bella bottiglia, mettetela sopra la pera e fissatela all’albero.
La pera maturerà e si ingrandirà fino al punto da diventare tanto grande che dalla bottiglia non potrete più estrarla. E a quel punto toglierete bottiglia e pera dall’albero e riempirete la bottiglia… di grappa.
Cin Cin!!!

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