Suoni d’estate

La nostra è essenzialmente una società dell’immagine e la vista è forse il nostro senso primo, a cui prestiamo la maggiore attenzione e grazie alla quale ci orientiamo nel mondo.

Pur essendo essenziali e importanti gli altri nostri sensi hanno un’importanza minore. Che dire del tatto? Importante anche questo, nei rapporti personali, nel rapporto con lo spazio circostante, nella scelta di materiali che ci accompagnano nella vita quotidiana – chi mai sceglierebbe un cuscino ruvido? E dell’olfatto? Non siamo forse molto più propensi ad entrare in un ambiente dove c’è un buon profumo piuttosto che in uno dove c’è un cattivo odore¡? Su questa sensazione ed esperienza si basa tutto il marketing olfattivo. Ed è altrettanto importante riconoscere odore di bruciato… per prevenire un principio d’incendio in un qualsiasi locale. E non è bello sentire l’odore della pioggia prima dell’imminente arrivo di un temporale o quello dell’erba appena tagliata? L’udito ha poi una funziona essenziale nella comunicazione verbale… e i jingle pubblicitari. E del gusto potremmo forse farne a meno? Assolutamente no! Il piacere del palato passa per il gusto.

Ma in genere ci orientiamo principalmente con la vista. Poi vengono gli altri sensi. O forse gli altri sensi sono in funzione della vista, e servono per contestualizzare e prendere coscienza di situazioni piacevoli o pericolose – quando in auto sentiamo la sirena dell’ambulanza prestiamo attenzione nel vedere da dove arriva per lasciarle spazio. O pensiamo alla funzione sociale del suono delle campane – dal medioevo ad oggi – nel richiamare i fedeli alla Santa messa. Basterebbe prestare attenzione agli altri nostri sensi per capire quanto siano importanti nell’orientamento conoscitivo con l’ambiente che ci circonda, e per apprezzare suoni diversi dal brusio del traffico o del rombo quasi assordante delle auto di grossa cilindrata che vogliono comunicare quanto sia potente la cilindrata dello “scatolotto di plastica e metallo” e conseguentemente quanto sia ricco – ma a volte di solo denaro – chi la guida. Quindi il suggerimento è una passeggiata nel sottobosco o in spiaggia – in quest’ultimo caso nelle prime ore dell’alba, prima che le voci dei bagnanti si mescolino al frangersi delle onde.

Questa breve premessa – ma era davvero necessaria? Beh, sì, lo era – per raccontarvi di un suono particolare che ha accompagnato sempre le mie estati. Quello delle cicale. In città, in collina e al mare. Vederle, queste cicale, non è sempre facile. Il loro frinito continuo e costante, quasi come un metronomo, termina nel momento in cui ci avviciniamo alla fonte del suono, e scrutare tra le foglie dell’albero per individuarla.

Ricordo al mare, in Croazia, di aver visto vari esoscheletri di cicale attaccate alla corteccia dell’albero, ma a vederne qualcuna era sempre difficile.

Ieri invece… eccone una. Mi trovavo a Sant’Orso, in provincia di Vicenza, e mi inerpicavo il un dolce declivio collinare. Un caldo e un’afa quasi insopportabili. Ero madido di sudore, la foschia si vedeva sulla pianura, come una coperta a coprire le case più lontane. In estate non serve una coperta, c’è già abbastanza caldo. Per questo ho scattato solo una foto al panorama, e cercavo qualcos’altro, di più degno aspetto. Ed ecco che improvvisamente vedo qualcosa su un palo che sorreggeva un giovane albero. Ma è proprio una cicala! E si è lasciata fotografare senza troppe remore. Ualà, la foto della cicala!

cicala

… e già che ci sono, in questa mia passeggiata ho trovato – su una porta di una chiesa – una falena, forse morta. Ma meritava una foto, anche solo per la sua grandezza. Eccola qui sotto.

falena
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