“Il tempo è denaro”.
“Non ho tempo”.
Sono due frasi che sentiamo dire da amici, conoscenti e sconosciuti. Anche se la vita (media) si è allungata, di tempo non ne abbiamo mai.
Forse è da qui che dovremo ripartire per realizzare la decrescita. L’ultimo saggio di Latouche, da poco uscito per i tipi di Eleutheura, affronta questo – e altri – problemi.
È sicuramente il caso di porci alcune domande visto che è abbastanza chiaro a tutti che l’assioma fondamentale del mondo Occidentale – più sviluppo = più felicità – non solo scricchiola, ma pare stia proprio cadendo a pezzi. Certo non è facile liberarsi dallo schema ben introiettato secondo il quale la storia, l’economia, la produzione industriale devono essere in continuo sviluppo. Quei grafici con curve che vanno SEMPRE verso l’alto sono una buffonata. Rappresentano i valori di una società che non trovano più corrispondenza con la vita reale. Il successo, l’auto di lusso, il superamento dei propri limiti, l’inneggiamento a esprimere se stessi (ma cosa significa?), i soldi, i gioielli o le marche più prestigiose e dunque più costose, sono i valori che ci vengono imposti (suggeriti, se volete, ma suggeriti di continuo, aggiungo) dalla nostra società – Cfr. a questo proposito l’articolo di Luca Mercalli, L’inganno della crescita.
In che modo allora possiamo pensare – e provare a realizzare – una decrescita felice?
Il libro di Latouche e Harpagés non offre una risposta univoca, ma ci invita alla riflessione e ci impone la scelta di sapere dire di “NO” all’omologazione da villaggio globale. A livello individuale, certe scelte quotidiane (gocce nel mare?), possono fare la differenza se ogni persona trova il coraggio di applicarle.
Può essere un pensierino per il vicino Natale, purché si spinga oltre il periodo natalizio e diventi scelta e stile di vita.
Vi lascio alla lettura di Il tempo della decrescita. Introduzione alla frugalità felice, di S. Latouche e D. Harpagés, edizioni Eleutheura, Milano 2011, 112 pagine, 10 euro.
Buona lettura