L’irresistibile profumo della lavanda

Con la pianta di lavanda nell’orto ne ricavo una produzione personale annuale.
Quest’anno, con un vecchio lenzuolo, mia moglie mi ha preparato dei sacchettini dove riporla. Utilizzate tessuti leggeri che hanno il pregio di lasciare propagare il profumo della lavanda. Il resto della lavanda è su un contenitore di vetro e profuma parte della casa. Appena saranno pronti gli altri sacchetti bianchi a puà gialli, tutta la lavanda entrerà in cassetti e armadi, allontanando le tarme e profumando vestiti e biancheria.

Il profumo della lavanda è forte e intenso, ma piacevole e leggero. Mi dà la sensazione del pulito e la visione di un campo d’erba e di fiori, con il cielo azzurro, delle nuvole bianche e il sole che brilla.
Altri due mazzetti di lavanda si stanno essiccando in serra.

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L’ultima zucca

Pende da un palo di ferro dove ho avvolto il gambo, se ne sta lì solitaria e taciturna. Non è commestibile, e forse si chiede perché è capitata in un orto di colture buone e prelibate. Qual’è la sua funzione? Il senso del suo esistere? – se non può essere mangiata?
Nel passato, soprattutto nella nostra cultura occidentale, la zucca è stata canzonata. “Sei uno sciocco” può essere reso con lo stesso senso con la frase “Sei uno zuccone”.

Ma è proprio in questa sua assenza di utilità nell’orto dei prodotti commestibili che si svela un senso altro, inafferrabile, che sfugge alle nostre logiche di causa ed effetto, alla dicotomia utile versus inutile. E che si ricollega nella nostra tradizione cristiana all’inizio del Creato. Se esiste, se c’è nel Mondo, deve pur avere una qualche utilità. Ed è proprio nell’effimero, nella bellezza priva di utilità che si dipana il suo significato “altro”. Perché la bellezza – tolta ogni utilità pragmatica – serve per alzarci da terra e toccare le nuvole. Trovare la bellezza nelle cose semplici, come può essere una zucca, è più difficile che vederla nelle cose vistose – così vistose che a volte diventano di cattivo gusto.

Cara zucca, io potrò anche essere uno zuccone, ma tu nel mio orto stai pure tranquilla e cresci quanto vuoi, che per me rappresenti la bellezza nascosta nella semplicità, e se non ti mangerò non preoccuparti e non farti inutili colpe, ché diventerai un caro soprammobile o la protagonista di uno dei miei tanti still-life.

Earth Overshoot Day

Non bastava l’Italia… tutto il mondo è in rosso – secondo i calcoli del Global Footprint Network, in parte anche in lingua italiana).

Così si legge:

Oggi l’umanità usa l’equivalente di 1,3 pianeti ogni anno. Ciò significa che oggi la Terra ha bisogno di un anno e quattro mesi per rigenerare quello che usiamo in un anno.

Siamo in una fase di “sovrasfuttamento ambientale, di esaurimento proprio di quelle risorse dalle quali la vita umana e la biodiversità dipendono.
[fonte: http://www.footprintnetwork.org/it/index.php/GFN/page/world_footprint/]

Potature e Innesti

Ottimo libro della collana Tecniche di giardinaggio che spiega con l’ausilio di fotografie e illustrazioni come potare e come innestare. Lo consiglio a tutti gli aspiranti giardinieri e a chi, come me, potava a casaccio. Si parte dalla descrizione dell’attrezzatura di base per finire con un glossario sulla potatura, passando per le varie tecniche di potatura, e il dettaglio di come potare gli alberi da frutto – melo, pero, kaki, fico, albicocco, melograno. La seconda parte riguarda gli innesti, con due interessanti capitoli sugli innesti su piante grasse e sulle rose. Chiude la sezione innesti un utile glossario.
Molto consigliato.
NAHUM, DANIELA – SCARABELLI, ALBERTO, Potature e innesti, IdeaLibri 2008, pagg. 95, ill.

Nuovi macro-incontri

Fa piacere incontrare un nuovo insetto.
Ma questo chi è? E come si chiama?
È privo d’ali – quindi è un insetto attero -, molto tranquillo, si lascia prendere in mano e ci cammina sopra, senza troppa fretta. Così è capitato sul pollice di Gian Marco (4 anni), e si è lasciato fotografare. La caratteristica che più lo evidenzia è uno strano e pronunciato “naso”. Forse non è il naso vero e proprio, ma così lo voglio immaginare.

Proviamo ora a classificarlo e a dargli un nome. Cosa estremamente impegnativa per chi, come me, di entomologia non è certo esperto. Cerco su internet. Parto dall’ipotesi che si tratti di un coleottero.

Potrebbe essere un Otiorhynchus alutaceus – ordine Coleotteri, famiglia Curculionidi?
L’ho trovato nel cestino della bicicletta, l’ho raccolto e osservato prima che passasse nelle mani di Gian Marco, poi sotto l’obiettivo della mia Nikon, infine lasciato libero in giardino.
Se è lui – l’Otiorhynchus alutaceus, per brevità lo chiamerei Otto – delle fonti mi informano che è presente in Italia al Sud (Gargano, Murge e Pollino) e al Nord nelle località dei Colli Berici (Monticello di Barbarano e Montecchio Maggiore) – quindi vicino a me, in provincia di Vicenza. Si è fatto qualche decina di chilometri a piedi, e a Vicenza è arrivato.

Rimango un po’ nel dubbio, ma felice di aver fatto questa nuova conoscenza.

Gli orsi

Lo so, ve lo state chiedendo: cosa c’entrano gli orsi in questo blog dedicato ad orto e giardino?
Non c’entrano niente, eppure vi consiglio questo libro, perché dalla lettura ne esce l’abisso – incolmabile? – tra Natura e Cultura.

Le colture dell’orto sono il prodotto della nostra cultura. Lo stesso dicasi del giardino – anche quello all’inglese – che prevede una razionalizzazione degli spazi naturali finalizzata ad un concetto estetico di bellezza.

Eppure chi ha un giardino o un orto nella propria casa si sente più vicino ad una sensibilità verso la Natura e il recupero di alcuni suoi valori – anche se, appunto, giardino e orto rimangono comunque creazioni culturali. La nostra sensibilità di uomini e donne post-contemporanei, sommersi da asfalto, acciaio e cemento, ci ha portato, già a partire dagli anni ‘70 a riconsiderare la Natura e ad avere un nuovo rapporto “sostenibile” con essa: a difendere diritti di animali, alberi e piante. Ma se arriva un orso a distruggere le nostre arnie per accaparrarsi tutto il miele? Se ci mangia qualche pecora? Se lo troviamo a casa nostra a rovistare nella dispensa?

Quando ho preso il libro – anche questa volta in biblioteca – l’ho fatto di getto. Bella copertina, poche pagine, formato quasi tascabile. Poi ho ripensato a quanto è accaduto a Maddalena, che in un suo commento, qualche post fa, mi racconta che dentro a casa a trovato una biscia. Perché la Natura è bella, però – come scrive Maddalena – qualche volta può fare “paurissima”. In questo senso Storia di Dino e altri orsi trova la sua pertinenza con i temi di questo blog.

È un libro di facile e veloce lettura adatto – e consigliato proprio per il tema caldo che propone: Natura versus Cultura – anche ad un pubblico di bambini. Racconta la storia di orsi avvistati e seguiti nel nostro territorio: l’orso Dino, l’orsa Jurka, l’orso KJ2G2. È diviso in tre macrocapitoli: Tutto quello che dovete sapere sugli orsi – Orsi di casa nostra – L’orso tra leggende, tradizioni, storie e letterature.
Consigliatissimo.

ZOVI, DANIELE, Storia di Dino e altri orsi, Terra Ferma, Crocetta del Montello (TV) 2010, pagg. 87, ill.

La potatura… e come farla

Devo ringraziare Marino, che con il suo simpatico commento in un post precedente mi ha fatto venire la curiosità e la voglia di prendermi questo libro, che già avevo visto in biblioteca, ma l’avevo lasciato là sullo scaffale.
Perché, diciamoci la verità, tra me e me, caro Davide, tu sai potare?
Il melograno sì… ma per il resto… improvviso.

La cosa triste è che non sono l’unico. E qualche volta chi improvvisa è un’impresa che taglia gli alberi nelle nostre città. Non sono giardinieri. Hanno uno o due camion, delle scale, seghe elettriche e cesoie. Tagliano gli alberi, così, dove gli capita o dove gli suggerisce il loro intuito. Me lo diceva un signore al parco di Villa Guiccioli a Vicenza, e mi mostrava uno, due, tre, quattro alberi morti. E anche cinque, e quello là in fondo, sei. Non vorrei sbagliarmi, ma qualcosa del genere l’ho letta anche in un libro di Pejrone.
Dunque, anche se non ho alberi da frutto, mi leggo questo libro sulla potatura.Così se Marino mi dovese chiamare a potare alberi e siepi 😉 almeno non faccio una figura barbina.

[…]

Sono andato a prendermi il libro in biblioteca. Oltre alla potatura il libro spiega anche come fare gli innesti. Merita un post a parte, intanto ecco il libro:
NAHUM, DANIELA – SCARABELLI, ALBERTO, Potature e innesti, IdeaLibri 2008, pagg. 95, ill.

Qui sotto nella foto: rami potati del melograno.

La foto di una foto

Oltre l’apparenza, dove si cela la sostanza del contenuto?
Quello che appare è quello che effettivamente è? O tra l’essere e l’apparire esista una iato incolmabile, che sfugge alle possibili descrizioni del mio linguaggio?
Come posso sentire gli oggetti nella loro sostanza? E come posso descrivere qualcosa di indicibile?
E, ancora, cosa c’è prima del linguaggio?
Quando il bambino era bambino era l’epoca delle domande.
Recita una nota poesia di Peter Handke.
Ma molte domande rimangono anche da adulti, perché non hanno trovato risposta.
Così, guardando questa seconda foto della foto, quelle domande si ripropongono. E ancora una volta, non trovano risposta. Forse perché non esiste una risposta, o forse perché la risposta è un’altra domanda.

E allora ho la sensazione come di perdermi lungo un sentiero dove le strade si biforcano in continuazione. Porteranno nello stesso giardino? Lungo questo sentiero perdersi è piacevole, perché si scoprono in continuazione nuove cose. Vi siete mai persi lungo le stradine di Venezia? È piacevole, forse è meglio che seguire una cartina topografica.

La foto della foto

Quella che vedete più sotto è la foto di una foto. Siccome in questo blog vi presento quasi sempre delle foto, questa volta ho voluto presentarvi la foto della foto.
Qualcuno di voi andrà con il pensiero al famoso saggio di Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. A qualcun altro sarà venuto in mente il saggio di Barthes sulla fotografia.

Ma voglio precisare che quella che vedete – la foto della foto – non è un’opera d’arte – almeno finché non entra in un museo. È uno dei fiori più semplici che si possano trovare su un prato: è il tarassaco, e ho scelto di incorniciarlo a metà, così a qualcuno può porsi una semplice domanda: e dov’è l’altra metà? Ma è fuori, sul prato! Vai ad osservare il tarassaco sul prato. Toccalo, annusalo. Perché, forse, una fotografia può svelarti un particolare di un oggetto o di una situazione di cui non ti eri mai accorto, e la prossima volta che vedi quell’oggetto – sia un fiore, una bottiglia, una persona – lo guarderai con più attenzione e con occhi diversi. E allora se guardi la foto di una foto, cosa ne ricavi?

Requiem per la palma?

La palma cresce ovunque nel mio giardino. Resiste alla neve, alle gelate invernali, al gran caldo di questa estate ritardataria. I re magi potrebbero venire qui a Vicenza, le palme ci sono, facciamo presto ad improvvisare una mangiatoia.

Ma ho deciso che la palma la taglierò. Mi dispiace un poco: per le sue bellissime foglie, enormi ventagli, ma la taglio. Non sarà una gran perdita visto che – come vi ho detto – nel mio giardino e nell’orto crescono spontanee sempre nuove piante grazie all’opera dei merli che portano i semi un po’ ovunque. Anche questa palma è cresciuta spontaneamente, proprio in mezzo al giardino, che tanta precisione non sarei riuscito ad ottenerla se l’avessi piantata io.
Comincio a tagliare le sue grandi foglie… poi si vedrà.

Quando è notte…

…le piante crescono, i frutti maturano, i tralci si allungano e cercano l’appiglio più vicino a cui aggrapparsi.
Mi capita, qualche volta, come la sera scorsa, di non avere più sonno, di alzarmi prestissimo, e così scendo nell’orto, cammino in punta di piedi, non che abbia timore di svegliare qualcuno, ma mi lascio influenzare da una sorta di rispetto per le piante che crescono. Vi sembra strano? Eppure è così.
Mi sono seduto sulla panchina, il bagliore della luna illuminava l’orto a sufficienza per poter distinguere le colture di metà settembre. Nella città il silenzio è un tesoro prezioso, non lo si trova facilmente.

Mi passa per la mente un quadro di Magritte che ho visto al Guggenheim di Venezia – si tratta de L’impero delle luci (L’Empire des lumières), 1954. Raffigura l’esterno di una casa di notte, con il cielo di giorno. Quel quadro mi dà la sensazione di un profondo silenzio.
La visione fugge via. Il mio sguardo ritorna sull’orto: zucchine, cetrioli, pomodoro di due-tre cultivar, melanzane, le aromatiche con la salvia che svetta, indorata dalla luna.
Ritorno a letto. Lascio che le piante crescano… di notte.