Il giorno di Santo Stefano ero a Treviso, in campagna.
Non è il mio mondo quello dei pranzi, degli antipasti, dei primi e dei secondi, delle verdure, della frutta, del dolce, del caffè, dei lunghi dialoghi sul più e il meno… me ne sono andato a fare un giro. Ore 15.12. Tempo nuvoloso, 8-10 gradi. Silenzio nella campagna. Nuvole, campi e alberi. Qualcun altro che passeggia.
«Cosa stai fotografando?» mi chiede un bambino.
«I campi» rispondo. «Vedi, laggiù ci sono le montagne con la neve».
«Ciao signore» e continua la sua passeggiata.
Anch’io continuo a camminare, alla ricerca di qualche belle inquadratura. Ma forse non sto cercando niente, sto semplicemente passeggiando. Non lo so neanch’io. Mi gusto l’aria, il silenzio, il colore della terra. L’odore che viene dai fossi, anche quello. Le montagne imbiancate all’orizzonte. Gli alberi spogli. Osservo le loro chiome un po’ spettinate.
Ci sono degli incontri fortuiti. Con persone e con piante. Due signore e una bimba. Sono inglesi. Chissà cosa ci fanno nella profonda campagna trevigiana. Ma non glielo chiedo. Che rimanga un piccolo mistero. Le saluto con un cenno del capo, e loro ricambiano con un mezzo sorriso.
E poi chi t’incontro? La pianta dei cachi. Se ne stanno lì sopra belli e maturi. Possibile che piacciano a così poche persone? Non piacciono nemmeno a me, se è per questo. Forse sono più belli sull’albero.
Chissà cosa si dicono.
«Ti lanci tu o mi lancio io?»
«Vai prima tu!»
«No, vai prima tu, sei più grosso»
«Ma cosa mi succederà laggiù?»
«Nessuno è tornato a dircelo. Vai, forza!»
«Allora vado…»
«Vai!»
Continuo a camminare, anche se già non mi aspetto nessuna bella foto.
La luce è poca. Mancano i colori.
Le uniche cose che mi piace osservare sono, appunto, gli alberi, o meglio i rami degli alberi. Arabeschi che si disegnano nel cielo piatto e grigio.
Nel fossato trovo qualche colore: è il verde delle erbe che crescono nonostante la stagione. L’acqua ha una temperatura costante. E vivono bene. Vedo i rami degli alberi specchiarsi nell’acqua del fossato, tra le erbe fluttuanti.
Mi sento quasi in dovere di essere un po’ triste. Cerco di convincermi a diventare metereopatico, ma non ci riesco.
Non è necessario essere triste.
Passeggio e basta.
Mi sento comunque in sintonia con l’ambiente. Almeno un poco.
Adesso guardo su nel cielo. Cosa sono quegli uccelli che volano in gruppo nel cielo? Creano forme insolite, in continuo mutamento, un ballo nell’aria. Poi spariscono felici dietro agli alberi.
Ritorno indietro. Comincia ad imbrunire.