Ghiande

Nelle mie passeggiate domenicali, quando trovo qualcosa di apparentemente insignificante, che mi piaccia anche esteticamente, lo raccolgo. E così domenica scorsa, passeggiando nel bosco urbano di Maddalene (Vicenza), ho raccolto un po’ di ghiande.

Con il loro intenso colore marrone, la forte consistenza, quasi fossero levigate da qualche misteriosa e boschiva creatura, il loro originale copricapo, simpatico ma allo stesso tempo solenne, non potevano non catturare il mio interesse. Dentro a queste piccole ghiande il seme ha in serbo la nascita di uno degli alberi più maestosi e forti, interprete di favole, leggende, miti.

Simbolo della divinità, di forza morale e spirituale. Da sempre. Albero cosmogonico e antropogonico. Simbolo pagano in seguito cristianizzato. Il primo tempio di Zeus sorgeva sotto la quercia di Dodona, nell’Epiro. Sui rami della grande quercia è appeso il Vello d’Oro, custodito e sorvegliato da un drago.

La Prosperità viene raffigurata con una cornucopia piena di monete in una mano, e nell’altra un ramo di quercia, simbolo di sanità e lunga vita.

Nell’Antico Testamento la quercia è il luogo dove seppellire i simboli pagani (Giacobbe li sotterrò sotto la quercia presso Sichem, Pentateuco; 35,4), ma anche le persone care (quando morì Debora, la nutrice di Rebecca, fu sepolta sotto una quercia che venne chiamata Quercia del Pianto). Per la sua maestosità è luogo dove si incoronano i re (re Abimelech presso la quercia della Stele che si trova a Sichem).

Il vescovo Bonifacio, nel secolo VIII, fece sradicare la quercia del dio Thunar, per convincere i popoli germanici dell’impotenza delle loro divinità pagane. Così, nell’iconografia cristiana, San Bonifacio battezza i pagani e appoggia un piede sopra ad una quercia (o ad una ghianda) a significare la loro conversione.

Anche il mondo cristiano, alla fine, adotta la quercia. Un esempio illustre è, a Viterbo, il santuario della Madonna della Quercia, consacrato ufficialmente nel 1577, ma la cui storia risale al 1417, quando l’artigiano viterbese Battista Iuzzante commisiona al pittore mastro Martello una Madonna con Bambino, che pone su una quercia per proteggere un terreno agricolo da intemperie e furti. L’immagine della Madonna non solo protegge il terreno, ma intorno a lei vengono testimoniati numerosi miracoli. L’eremita Pier Domenico Alberti tenta di portare il dipinto in un’abitazione, ma questo ritorna, magicamente, sulla quercia. La stessa cosa accade ad una donna viterbese. Un cavaliere, inseguito dai brigati, passando davanti alla quercia viene reso invisibile e sfugge agli inseguitori. Anche contro la peste del 1467 l’immagine della Madonna col Bambino della quercia viterbese protegge e cura. Come ci racconta Niccolò della Tuccia, uno dei priori di Viterbo, attorno a quell’immagine e a quella quercia ha inizio un’attività di pellegrinaggio e una raccolta fondi per costruire l’attuale santuario che venne insignito del titolo di Basilica minore da papa Pio IX nel 1867.

Dal paganesimo al post-contemporaneo la quercia è diventata anche simbolo di battaglie ecologiche. L’artista comportamentale Joseph Beuys, nella sua missione contro l’universo meccanico-industriale, pianta la prima di settemila querce a Kassel, in occasione della mostra Documenta VII del 1982. Beuys scrisse in proposito:

“[…] La piantagione di 7.000 querce rappresenta solo un inizio simbolico […]. In un’azione come questa ci si riferisce alla trasformazione della vita di tutta la società e dell’intero spazio ecologico.
[…] Ovunque sul globo terrestre, dove vi è terra si ha bisogno degli alberi, ma non solamente alberi, bensì particolarmente la forza e la forma di un’idea. In esso l’operazione di piantagione è solamente un provvedimento, anche se urgentemente necessario. […]”

Osservo le ghiande che mi sono portato a casa. Chi avrebbe mai immaginato che lì dentro si
custodiscono così tanti significati?

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