Cachi

È il frutto di questa stagione. Quando mi capita di vedere una pianta di cachi nella nebbiosa campagna veneta, quell’arancione che buca il piatto cielo grigio, ne rimango sempre emozionato. È un colore forte, ma che suggerisce un senso di tranquilla calma.

Personalmente i cachi non mi piacciono, ma “a caval donato non si guarda in bocca”. Dunque mi tengo questa cesta di cachi che mi hanno regalato. Li regalerò a mia volta, ma intanto gli faccio una foto.

Pubblicità

Piante grasse

L’orto è silenzioso ad autunno inoltrato, e l’inverno è lungo. Così, per vedere nuovi colori, può essere un’idea simpatica e poco dispendiosa fare un piccolo giardino portatile di piantine grasse. Le dimensioni del vaso utilizzato sono di 18×24 cm. Un po’ di sassolini piccoli piccoli, qualche sasso grandicello. Ed ecco pronto un giardino in miniatura di piante grasse. Ricordo delle giornate di sole, dei deserti desolati. Ma le piantine si fanno compagnia.

Calendario 2010 / Calendar 2010

Come è mia tradizione ho preparato per il 2010 un calendario da scaricare e stampare liberamente (leggi gratis). Ma quest’anno ho voluto pensarlo e crearlo in maniera diversa rispetto alle versioni precedenti. Per il 2010 il calendario è anche un segnalibro, un caro compagno per le nostre letture – quanto caro me lo direte voi. Quindi, anche se è ancora un po’ presto per gli auguri, buon anno nuovo e soprattutto buone letture.

Potete scaricare la versione ad alta risoluzione (7,4 MB) o quella in formato e-book (1,6 MB).

Sono quattro fogli in formato A4, tre dei quali sono da ritagliare per ottenere i dodici segnalibri, uno per ogni mese dell’anno. Il quarto è una sorta di copertina e presentazione che potete usare per avvolgere i dodici segnalibri e, se vi garba, fare un regalo all’amata – o all’amato. Come volete. Spero che il nuovo calendario vi piaccia e vi sia utile.
Saluti.

Download here the English version (1,5 MB) of Calendar/Bookmark 2010.

Finita la tintarella?

Dopo l’abbronzatura di quest’estate ecco che le foglie della drosera riprendono il loro normale colorito verde. Non tutte, ma il processo è iniziato. È ancora abbronzata la drosera, per la verità.

Adesso è bicolore: verde e rosso scuro. Non sta poi così male, e avrà modo di rifarsi l’abbronzatura la prossima estate.

Colori d’autunno (5): rosso

Ancora rosso. Sono le foglie di una pianta nata spontaneamente nell’orto, che ho messo in vaso. Viste in controluce queste foglie sembrano sottili e trasparenti. Una sfumatura che dal giallo passa per l’arancio e arriva al rosso. Un’altra magia naturale, questa volta nell’orto, ché anche lui si colori, viva la gioia dell’autunno, anche se stretto nel tessuto urbano della città.

Dove ci sono orti, alberi e prati la città non soffoca, anzi partecipa più attivamente ai ritmi naturali. Penso a quanto potrebbero essere diverse le nostre città se fatte partecipi dei ritmi della natura, se si volesse considerare anche la Natura come un’opera architettonica e se si potesse pensare alle opere architettoniche come a qualcosa che deve avvicinarsi ad una creatura naturale. Non dei soli contenitori, ma contenuti essi stessi.

Basta un semplice rampicante, nato per caso e mai potato per pigrizia o per qualche altro futile motivo, a fare di un asettico muro bianco, di un trave in cemento armato, qualcosa di vivo, a cui è più facile affezionarsi, dedicare un pensiero positivo, guardarlo e accennare un sorriso.

A volte, quando sono in giro, alzo lo sguardo e osservo le facciate di case e condomini. Ricordo una volta di averne visto uno dove ad una finestra, e solo ad una, c’era una vaso con dei fiori. Le altre finestre erano asettiche, alcune con le persiane abbassate, altre con le persiane alzate. E quel fiore, in mezzo a tutte quelle finestre così vuote, sembrava allo stesso tempo prigioniero del loro grigiore, ma libero di urlare i suoi colori. Può anche darsi che il regolamento condominiale vietasse di esporre fiori alle finestre, ma chi abitava in quell’appartamento avesse deciso di infrangere il divieto.

Poi ho subito pensato alle opere-installazioni di Patrick Blanc, che eleva muri di vegetazione in verticale, sulle pareti di case e palazzi. Come sarebbero diverse le nostre città! E, chissà, come sarebbero diversi i loro abitanti…

P.S. = se non conoscete Patrick Blanc, ho trovato in rete questo video abbastanza esaustivo.

h535_autunno4

Colori d’autunno (4): rosso

Autunno inoltrato. Cambiano i colori. Ricordate queste foglie? Sono di alcuni post precedenti, e a quel tempo erano gialle.
Adesso sono diventate rosse. Un rosso così bello che una foto vale poco a dimostrarlo.

Occorre essere lì sul posto. Osservando le foglie in diverse ore della giornata ci si accorge di come questo rosso sia determinato dalla posizione del sole. Occorre passeggiare sotto agli alberi per essere avvolti dalla luce autunnale – ed è un incanto, una “magia naturale”. Il mio è un invito a fare una bella passeggiata… per osservare i colori autunnali e tutte le minime sfumature di una stessa tonalità.

h536_autunno5

Colori d’autunno (2): giallo

Ogni anno il melograno mi regala lo spettacolo abbagliante delle sue foglie che, prima di cadere per terra, si colorano di giallo.
Visto da lontano sembra un fuoco di luce gialla che emette una nota dolce e continua che sfiora il cielo. Poi le foglie cadono in terra, e la abbelliscono di un variegato manto d’oro che risuona, in un pianissimo, le note del tardo autunno.

h533_autunno2

Colori d’autunno (1)

Nell’orto la terra è di un marrone scuro. Fradicia d’acqua, senza telo pacciamato, è diventata la comoda dimora di tante nuove pianticelle. Infestanti certo, ma le lascio lì, che facciano festa nell’orto autunnale.

h532_autunno1

La rosa di Jericho (Selaginella lepidophylla)

Simile al muschio, questa sempreverde cresce dove meno te lo aspetti, in posti aridi e con poca terra. Appartiene ad una serie di piante di origine desertica, e mi è stata regalata da un mio amico in occasione del suo matrimonio – regalo molto originale.
Questa rosa è stata chiusa nella scatola da aprile, quando il mio amico si è sposato, fino ad oggi. Sette mesi senza luce e acqua. Ma può resistere senza acqua e senza terra per anni.

Immaginate questa rosa in una ambiente desertico. Rocce, sabbia, sassi… e finalmente una goccia di verde. Forse, più di tutte le nostre rose occidentali, questa rosa di Jericho è un vero emblema di prosperità e fecondità, se non altro perché cresce su un terreno arido, dove la vita sempre apparentemente impossibile.

h530_rosagerico1

Nella foto sopra potete vedere la pianta appena uscita dalla confezione, con le foglie richiuse a riccio su se stessa, e con le foglie che cominciano ad aprirsi (foto sotto) e a colorarsi di verde – dopo aver messo mezzo centrimetro d’acqua nel vaso. Le foglie hanno la parvenza di velluto, e come centro tavola diventa quasi parte della tovaglia.

h530_rosagerico2

L’acqua va data per due-tre giorni di seguito. Poi si lascerà che l’acqua si asciughi, e la rosa di Jericho tornerà a seccarsi e a richiudere nuovamente le foglie. Quando vorremo farla sbocciare, basterà fornirla d’acqua. È una pianta ottima per chi non ha la più tenue tonalità di verde nel suo pollice: quando si va in vacanza, in estate, non sussistono preoccupazioni . Che si secchi pure, al ritorno basterà un po’ d’acqua per farla sbocciare nuovamente.

Infine consentitemi due brevi collegamenti a dei siti internet legati a questa pianta.
Il primo è quello dell’Associazione Amici dei Bambini, che ha preso la Rosa di Jericho come suo simbolo: essa rappresenta “la vita che non muore mai e l’amore che può farla rifiorire”.
http://www.aibi.it

Il secondo distribuisce questa rosa come prodotto solidale e contribuisce al sostegno dell’Associazione citata sopra.
http://ecotoys.it

Buona giornata

Tra le fessure

Tra le fessure crescono piante. E tutto si colora d’autunno. Ma sono erbacce! E allora?
Sposo la tesi di Patrick Blanc: “Non esistono erbe infestanti, esistono piante che si installano proprio dove dovrebbero, al posto di quelle che la gente sceglie per i propri giardini o coltivazioni e che generalmente non corrispondono alle risorse del sito in questione “ (BLANC, P., Il bello di essere pianta, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pag.31).

h526_fessure

Ghiande

Nelle mie passeggiate domenicali, quando trovo qualcosa di apparentemente insignificante, che mi piaccia anche esteticamente, lo raccolgo. E così domenica scorsa, passeggiando nel bosco urbano di Maddalene (Vicenza), ho raccolto un po’ di ghiande.

Con il loro intenso colore marrone, la forte consistenza, quasi fossero levigate da qualche misteriosa e boschiva creatura, il loro originale copricapo, simpatico ma allo stesso tempo solenne, non potevano non catturare il mio interesse. Dentro a queste piccole ghiande il seme ha in serbo la nascita di uno degli alberi più maestosi e forti, interprete di favole, leggende, miti.

Simbolo della divinità, di forza morale e spirituale. Da sempre. Albero cosmogonico e antropogonico. Simbolo pagano in seguito cristianizzato. Il primo tempio di Zeus sorgeva sotto la quercia di Dodona, nell’Epiro. Sui rami della grande quercia è appeso il Vello d’Oro, custodito e sorvegliato da un drago.

La Prosperità viene raffigurata con una cornucopia piena di monete in una mano, e nell’altra un ramo di quercia, simbolo di sanità e lunga vita.

Nell’Antico Testamento la quercia è il luogo dove seppellire i simboli pagani (Giacobbe li sotterrò sotto la quercia presso Sichem, Pentateuco; 35,4), ma anche le persone care (quando morì Debora, la nutrice di Rebecca, fu sepolta sotto una quercia che venne chiamata Quercia del Pianto). Per la sua maestosità è luogo dove si incoronano i re (re Abimelech presso la quercia della Stele che si trova a Sichem).

Il vescovo Bonifacio, nel secolo VIII, fece sradicare la quercia del dio Thunar, per convincere i popoli germanici dell’impotenza delle loro divinità pagane. Così, nell’iconografia cristiana, San Bonifacio battezza i pagani e appoggia un piede sopra ad una quercia (o ad una ghianda) a significare la loro conversione.

Anche il mondo cristiano, alla fine, adotta la quercia. Un esempio illustre è, a Viterbo, il santuario della Madonna della Quercia, consacrato ufficialmente nel 1577, ma la cui storia risale al 1417, quando l’artigiano viterbese Battista Iuzzante commisiona al pittore mastro Martello una Madonna con Bambino, che pone su una quercia per proteggere un terreno agricolo da intemperie e furti. L’immagine della Madonna non solo protegge il terreno, ma intorno a lei vengono testimoniati numerosi miracoli. L’eremita Pier Domenico Alberti tenta di portare il dipinto in un’abitazione, ma questo ritorna, magicamente, sulla quercia. La stessa cosa accade ad una donna viterbese. Un cavaliere, inseguito dai brigati, passando davanti alla quercia viene reso invisibile e sfugge agli inseguitori. Anche contro la peste del 1467 l’immagine della Madonna col Bambino della quercia viterbese protegge e cura. Come ci racconta Niccolò della Tuccia, uno dei priori di Viterbo, attorno a quell’immagine e a quella quercia ha inizio un’attività di pellegrinaggio e una raccolta fondi per costruire l’attuale santuario che venne insignito del titolo di Basilica minore da papa Pio IX nel 1867.

Dal paganesimo al post-contemporaneo la quercia è diventata anche simbolo di battaglie ecologiche. L’artista comportamentale Joseph Beuys, nella sua missione contro l’universo meccanico-industriale, pianta la prima di settemila querce a Kassel, in occasione della mostra Documenta VII del 1982. Beuys scrisse in proposito:

“[…] La piantagione di 7.000 querce rappresenta solo un inizio simbolico […]. In un’azione come questa ci si riferisce alla trasformazione della vita di tutta la società e dell’intero spazio ecologico.
[…] Ovunque sul globo terrestre, dove vi è terra si ha bisogno degli alberi, ma non solamente alberi, bensì particolarmente la forza e la forma di un’idea. In esso l’operazione di piantagione è solamente un provvedimento, anche se urgentemente necessario. […]”

Osservo le ghiande che mi sono portato a casa. Chi avrebbe mai immaginato che lì dentro si
custodiscono così tanti significati?

h529_ghiandaquercia