Fukuoka e gli OGM

Dopo aver letto una sessantina di pagine de La rivoluzione del filo di paglia di Masanobu Fukuoka non ho potuto non pensare all’agricoltura con OGM (Organismi Geneticamente Modificati). Dunque l’insegnamento di Fukuoka è stato inutile?
E perché ostinarsi a modificare la natura e ad imporre queste nuove soluzioni a chi non ne ha assolutamente bisogno?

Ho trovato in rete questo dialogo di esperti agricoltori, e un po’ mi spaventa, perché questi nomi mi sembrano usciti da un laboratorio chimico-farmaceutico e non capisco cosa abbiano a che fare con il coltivare la terra.

come mai pablito niente pioneer???
Io non ho ancora deciso definitivamente ma direi:
Pioneer A46 per terreni argillosi
pioneer G44 per massime rese
Kws Kermess per pastone
Dkc 6666/ 6530 per massime rese
proverò anche un pò di
Nk Helen e mitic della SIS

Ripensandoci questi nomi potrebbero essere anche i nomi di azioni quotate in borsa. Perché io devo mangiare mais o soia OGM – probabilmente anche senza saperlo! parentesi: la normativa europea (Reg 1829 e 1830) prevede una tolleranza di OGM dello 0,9%, sopra la cui soglia è obbligatorio dichiarare nell’etichetta la presenza di OGM, chiusa parentesi – e non posso mangiare un mais naturale? Forse dovrei, come mi suggerisce Fukuoka, comperarmi 1000 mq di terreno e coltivarlo per rendermi indipendente dalle “cose” (non saprei come chiamarle) che mettono sul mercato le multinazionali della produzione alimentare? Immagino che se lo facessi arriverebbe, un giorno, un signore o una signora ben vestiti, a provare a convincermi dell’ultima trovata scientifica per migliorare la produzione, per fare colture che non vengono attaccate dal parassita X (ma magari in futuro verranno attaccate dal parassita Y), ed infine perché altrimenti loro si trovano senza lavoro.

Dopo decenni di esperienza ci siamo accorti che fertilizzanti, concimi e prodotti chimici possono provocare più danni all’ambiente di una biblica invasione delle locuste, e adesso siamo tentati di provare con gli OGM (entrati in commercio nel 1996), delle cui conseguenze esistono pareri antitetici e tra loro contrari. Non si possono testare esclusivamente in laboratorio? Sembrerebbe di no, perché comunque le multinazionali che le producono devono guadagnare, non sono associazioni senza scopo di lucro. E per adesso convincono al loro utilizzo le popolazioni più povere (così come avevano fatto con il latte in polvere), mentre spingono attraverso la politica i Paesi europei a farsi portatori del “progresso scientifico”, e a farceli mangiare ad ogni costo, cioè non indicandoceli (se sotto una certa percentuale, 0,9%) negli ingredienti degli alimenti.

A questo proposito mi sembra molto sensato il commento di Edo Ronchi (Ministro dell’Ambiente dal 1996 al 2000) nel lontano 2002 “[…] è difficile cogliere l’utilità dell’introduzione degli OGM a scopo alimentare perché oggi il problema non è certo la quantità, quanto la qualità del cibo. Inoltre, è stato dimostrato, ad esempio, che il mais transgenico non ha prodotto risultati soddisfacenti e la soia resistente ai diserbanti ha aumentato l’impiego di erbicidi.” (in Biologia Ambientale, 16 (n.1, 2002), “Uno sviluppo capace di futuro. Intervista a Edo Ronchi”, a cura di Valentina Parco).

So di essere uscito di molto dal tema di questo blog e forse di avervi annoiato, ma non potevo non estrinsecare questa mia preoccupazione e lanciare un appello a produttori e consumatori: convertitevi all’agricoltura naturale di Fukuoka, o andate verso quella direzione! Non diventate come quel ricercatore che sta “[…] immerso nei libri notte e giorno, sforzando gli occhi e diventando miope, e se domandiamo che lavoro ha fatto in tutto quel tempo: ha inventato degli occhiali per correggere la miopia.” (FUKUOKA, 1980, pagg. 45-46)

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Ho fatto un sogno

Cinque giorni fa ho sognato di entrare in un negozio che vendeva vecchi libri e frugando tra gli scaffali trovai il libro di Masanobu Fukuoka La rivoluzione del filo di paglia.
Era una vecchia edizione con la copertina ingiallita, così come le pagine interne, scritte in giapponese e in italiano. Il prezzo del libro in quarta di copertina era scritto a mano: 7,50 euro.

Se ho sognato Fukuoka evidentemente avevo voglia di leggerlo – come ci ricorda Freud il sogno è la soddisfazione di un desiderio. Così ho ordinato il libro in biblioteca, e oggi sono andato a prenderlo.

La copertina è effettivamente gialla (giallo paglia), e nel complesso assomiglia molto al libro del sogno. Ma le pagine interne sono grigie, in carta riciclata, è scritto solo in italiano e non c’è il prezzo.
La casa editrice è la “Libreria Editrice Fiorentina – Collana Quaderni d’Ontignano”.
Il titolo originale è Shizen noho wara ippon no kakumei (1975) ma l’edizione italiana (1980) è stata tradotta dall’inglese The One – Straw Revolution da Giannozzo Pucci con la collaborazione di Giorgio Strazzari.

Non vedo l’ora di iniziarne la lettura. Questa sera tardi, forse…

La salvia intirizzita

Nonostante la copertura che le ho fatto, la salvia risente del freddo della stagione invernale e le sue foglie sono diventate piccole piccole.
Una notevole differenza se paragonata alla salvia che avevo in estate.
Ma è il suo meccanismo di difesa.
Conserva tutte le sue forze per i mesi prossimi, che saranno ancora più freddi di dicembre.
E comunque, anche se piccole, le foglioline della salvia conservano ancora tutto il loro sapore mescolate al burro fuso.

Le prime gelate in città

Sono arrivate anche in città le prime gelate. Quattro giorni fa sull’erba davanti casa si stendeva un velo bianco, come di seta, mentre la terra dell’orto era brillante e dura.

Ma il segno inequivocabile del gelo e della temperatura sotto lo zero lo riconosco nel contenitore che raccoglie l’acqua piovana: uno strato di ghiaccio di qualche centimetro, duro e impenetrabile, sotto al quale l’acqua è prigioniera.

Ho fatto bene a proteggere il prezzemolo, ho pensato mentre guardavo la terra. E il solito pettirosso è ritornato. Ha saltellato per qualche secondo sopra le zolle indurite ed è volato via, sotto il bagolaro. Dicembre è sempre più silenzioso, i suoni più attutiti dei passi del gatto sul cofano ancora caldo dell’automobile.

Oggi, giorno di Natale, c’è più silenzio degli altri giorni. Tutti chiusi in casa a pranzare con amici e parenti. Ma anche le gelate non ci sono più. La temperatura si è alzata, oggi c’è il sole.

Buon Natale.

È iniziato l’inverno

Ieri, 21 dicembre, era il solstizio invernale.

È iniziata la stagione fredda, le ghiacciate, il cielo grigio, forse la neve. Il 21 dicembre dovrebbe essere il giorno più corto dell’anno, come da proverbio veneto: “San Tomìo il dì più corto l’è il mio”.

Da oggi, come mi ricorda Silvana con la sua Filastrocca del cambio stagione, le giornate inizieranno ad allungarsi.

Buon inverno a tutti.

Neve inaspettata

Questa mattina, alzando le persiane, sono stato abbagliato da un insolito e inaspettato biancore.
Era la neve sopra al bagolaro. Una sorpresa del 15 dicembre.

Dopo la colazione sono uscito per provare quella sensazione, per me piacevole, dell’aria fredda sulle guance.
Poi è uscito il sole, le nuvole grigie si sono diradate e la poca neve caduta di notte sta cominciando a sciogliersi.
Però, che bella sorpresa…

Un riparo per il prezzemolo

Anche se non fa poi così freddo ho preferito premunirmi per le future gelate – ché già questa sera è scesa la nebbia anche in città e questa notte potrebbe gelare – e riparare il bel prezzemolo sotto un tetto di plastica trasparente.

Ho utilizzato otto assicelle di legno appositamente tagliate da formare un perimetro di 60×60 cm, una dozzina di chiodi, dieci puntine da disegno e un sottile telo di plastica trasparente.
In quattro e quattr’otto ho eretto questa struttura povera e semplice, con il tettuccio inclinato così da far scivolare l’acqua sul terreno.

Se il prezzemolo apprezzerà questo mio sforzo mi darà ancora verdi fragranze per impreziosire i miei piatti…

Progettare la natura (di Franco Panzini)

In questi giorni di dicembre le cure verso l’orto sono terminate, ed esso rimane là come un pezzo di terra da contemplare. Così mi rivolgo ad altri tipi di cure ed attenzioni, ossia a leggere argomenti più o meno attinenti al mio piccolo appezzamento terroso.

E questa volta ho voluto volare in alto, fantasticare – in previsione della prossima primavera – un orto-giardino, elevare il terriccio al cielo. Perché se l’orto è la base, il punto di partenza, la “necessità” per la nutrizione, con il giardino entriamo nell’universo simbolico “alto”, nella rappresentazione dell’ideale e dell’utopia.

L’ideale per eccellenza è il giardino islamico che rappresenta la “visione del Paradiso”. I “paradeisos” erano parchi recintati deputati alla caccia e alla coltvazione. Questi giardini erano ripartiti in quattro parti (chahar bagh, “quattro lotti”) che rappresentavano i quattro elementi fondamentali: aria, acqua, terra, fuoco.

Il concetto di giardino ha subito nel tempo innumerevoli connotazioni: giardini chiusi medievali, giardini ordinati nel Rinascimento italiano, giardini delle meraviglie, giardini di rappresentanza nell’Europa del XVII secolo, giardini “metafisici” orientali, città-giardino negli Stati Uniti del XIX e XX secolo.

Chiunque sia interessato può trovare nel libro che vi consiglio una storia dell’architettura del paesaggio, da Stonhenge fino al XX secolo.

PANZINI, FRANCO, Progettare la natura. Architettura del paesaggio e dei giardini dalle origini all’epoca contemporanea, Zanichelli, Bologna 2005, pagg. 372.

[pa-ra-di-so] = dal latino tardo paradisu(m), dal greco paradeisos ‘parco’, dalla voce iranica pairidaeza ‘luogo recintato’. (Il Grande Dizionario Garzanti della Lingua Italiana, Ed. UTET, Torino 1993)

Silenzi di dicembre (pensieri sparsi nell’orto)

La primavera ha un fascino indiscutibile e magico, ma il tardo autunno – tra due settimane circa sarà inverno – lo amo particolarmente perché con esso arriva il silenzio.

Chiudendo gli occhi ascolto la sua voce sempre più sommessa e impercettibile.
Dal “fortissimo” della stagione estiva – le voci delle foglie, dei frutti, dei tanti volatili e degli insetti – al “forte” dell’inizio dell’autunno, quando il vento soffia e muove le fronde e le lievi piogge tamburellano sui vetri, in una discesa di intensità sonora che porta al “piano” delle foglie che cadono al suolo ad autunno inoltrato, fino al “pianissimo” dell’inverno, quando il silenzio riempie l’aria, e basta questo a fare di ogni giorno un bel giorno.

Il gatto silenzioso cammina sull’orto alla ricerca di cibo; il pettirosso che vola e saltella in sordina.

Ogni tanto un corvo che gracchia, buca il silenzio, e risprofonda nel suo vellutato volare.

Non fa poi così freddo… (pensieri sparsi nell’orto)

Ieri, alle 13:00, al sole, il termometro segnava 16° C.
Oggi, giornata grigia e nuvolosa, alle 13:00 erano 8° C.
Alle 22:10 la colonnina di mercurio era scesa, ma di poco: 6°C.

Una settimana fa, dirigendomi verso la campagna, ho potuto vedere la brina imbiancare i prati e i rovi. Una distesa di bianco che si perdeva nella nebbia del primo mattino. Da quel giorno di brina non ne ho più vista. Forse dovrei svegliarmi prima? Forse…

Ho raccolto dell’acqua in un contenitore di plastica che lascio vicino all’orto, e fino ad oggi non l’ho mai trovata ghiacciata. Io abito in città, e non fa poi così freddo…

Io amo il freddo, e comincio a sentirne la mancanza. Chissà come se la passa l’orto…

È ricresciuta la menta che avevo sradicato, e il prezzemolo è ancora in gran forma (ma tra qualche giorno provvederò a coprirlo).

Il pettirosso

Ad accompagnarmi nelle mie poche e brevi passeggiate nell’orto un pettirosso – che saltella con poco timore della mia presenza – sembra voglia ricordarmi, con il colore acceso e caldo del suo petto, che anche il tardo autunno è una stagione con la sua bellezza.

E questa nota di colore ravviva l’orto stesso, il mio animo e il mio pensiero: se una creatura così bella frequenta il mio pezzo di terra desolato vuol dire che esiste una bellezza nascosta che io ancora non so cogliere.